Biografia

Giulio Comuzzi

I suoi primi anni li ha vissuti a Tarvisio, dove lavoravo. D'estate abbiamo molto frequentato i bei laghi carinziani dove ha imparato a nuotare. Molto precoce ha imparato a leggere e a scrivere fra i 3 e i 4 anni. A quattro anni ci trovavamo in un giardino di Rimini. Dei bambini toscani chiamavano “Babbo, babbo” e da quel momento io sono diventato il babbo; così per Laura, imparando da lui. Giulio ha sempre avuto un atteggiamento protettivo e di guida con Laura, al punto che lei a volte riassumeva il concetto chiamandolo “babbino”.

Fra i cinque e i sei anni un giorno viene in cucina, sua mamma ai fornelli, e ci mostra una poesia: “La cipolla”, scritta da lui. Deliziosa e arguta, ricordo la mia sorpresa scoprendo la capacità di osservazione per cose apparentemente modeste, e la gioia di esprimersi in versi. Qualche giorno dopo, evidentemente entusiasta di questa nuova risorsa, ci porta un foglietto con la poesia “La patata”. Stupefacente dimostrazione di attitudine poetica non solo per la forma in versi e rima, ma proprio perchè nata e realizzata con sensibilità poetica.

Con la scuola elementare abbiamo preferito dare ai figli opportunità maggiori di quanto può dare un paese di montagna, e li abbiamo iscritti alla European School di Trieste con sede in Villa Geiringer. Giulio aveva sei anni e ha cominciato con la seconda elementare, Laura aveva tre anni e ha cominciato con la scuola materna. Il direttore mi diceva: Giulio è un leader, e io lo interpretavo come “capo banda”.

Col suo primo pianoforte a cinque anni Giulio rivelava una straordinaria attitudine musicale.. Sia lui che Laura hanno studiato i primi anni con la brava professoressa Maria Teresa Kervin, specializzata nell’educazione musicale dei giovanissimi. Poi alle medie interne al conservatorio ha avuto la fortuna di essere affidato a Massimo Gon.

In quegli anni lo portavo, insieme a Laura, alle belle feste aziendali dell’ID Export, e una volta io e lui siamo arrivati incredibilmente secondi al torneo di calcetto. Alla fine di un anno scolastico dava un simbolico ma non metaforico calcio al banco di scuola; la settimana dopo accompagnava i saggi di violino e di pianoforte a 4 mani all’Alcione con il piede ingessato. Per festeggiare la fine della scuola media Giulio mi porta in casa tre compagni accampati per tre giorni di baldoria.

A quel periodo risale l’amicizia con Franco Anth: come due fratelli. So che ancora nelle ultime settimane Giulio, che abitava da qualche tempo con la mamma, si alzava qualche volta all’una di notte, quando Franco finiva il lavoro, per ritrovarsi. Quante avventure insieme, e viaggi e ferie sul lago di Garda, e quante opere all’Arena. Giulio ha il compleanno il 24 agosto e lo abbiamo festeggiato molte volte a Sirmione. Ricordo una volta che, rientrati a Trieste dopo due settimane a Sirmione, la mattina seguente siamo corsi a Graz per godersi da una montagna l’eclisse totale di sole, un’esperienza indimenticabile.

Dopo le medie il liceo linguistico di Gorizia. Giulio è stato notato immediatamente per le sue doti musicali e così, a 14 anni, ha tenuto praticamente due conferenze musicali per i compagni all’auditorium Fogar (appartenente alla scuola): una volta su Rossini e il Barbiere di Siviglia e la seconda su Isaac Albeniz, spiegando e eseguendo brani musicali al pianoforte. Alla festa per il decennale saliva due volte sul palcoscenico per eseguire di Albeniz, Rumores de la caleta e Granada.

I suoi interessi si stavano sviluppando in molte direzioni. Era appassionato di storia medievale, e si era messo a studiare quasi pietra per pietra il castello di Gorizia e la casa degli sposi, ma anche a Trieste la basilica di San Silvestro per cominciare, poi San Giusto, e così avanti. Ma non gli piaceva il linguistico, e dopo due anni ha voluto affrontare il cambio per passare all’informatica.
Procuratisi i libri delle sette materie tecniche “da integrare” ha cominciato a studiarli durante una nostra breve zingarata sul Garda. Per 40 giorni non si è lasciato corrompere nemmeno per andare al mare, in agosto. Ero con lui il giorno degli esami e i professori della commissione si sono complimentati con lui in mia presenza.

Finalmente l’informatica, trafficava già da piccolo sul computer di casa, un Amstrad. Ma a Gorizia aveva conosciuto un gruppo rock che lo aveva ingaggiato subito come tastierista. Il gruppo si faceva notare, hanno suonato in piazze cittadine nel goriziano, sono apparse delle foto sui giornali. E i giorni di presenza a scuola diminuivano in modo preoccupante. Ma non aveva niente da temere, ce la faceva. Più difficile quando iniziò a suonare con il gruppo musicale di Claudio Carmeli, a Trieste, a 15 anni. A ogni carnevale un mese di assenza da scuola. E si è divertito, su questo non c’è dubbio.

Quando aveva 12 anni lo avevo portato con me a Milano a un convegno di informatica. Passiamo da Ricordi dove erano esposte numerose tastiere elettroniche. Colpo di fulmine per una, e Giulio mi dice: Questa sarebbe il mio sogno”. Sicuro? Si, so che costa tanto ma la terrò bene per tantissimi anni. Costava 700.000 lire. Lo invito a girare ancora un po’ per il negozio e ci facciamo mostrare un’altra migliore, costo 3.500.000. Prendiamo questa, è la Korg 2 che ha suonato fino all’ultimo di carnevale 2007 con Claudio e il suo gruppo. Era deciso a portarsela a spalla, l’ho lasciato fare per un paio di minuti per scherzo, e poi ho preso un taxi.
Claudio Carmeli sa come io lo abbia accompagnato quasi sempre alle loro serate o come sia venuto con la moglie e gli amici per lo meno in finale di serata, anche per accompagnarlo a casa.

Musicalmente Giulio aveva due anime: una è Bach, di cui a volte me ne parlava in termini di ingegneria musicale; l’altra è Charlie Parker. Nel suo computer ho trovato il cd che ha inserito per ultimo: Le variazioni Goldberg, con Glenn Gould, che è stato fra i suoi miti. Sul pianoforte in casa di sua mamma ha lasciato aperto il volume con gli scherzi di Chopin che ha suonato l’ultimo giorno. Ma aveva talento per ’improvvisazione, gli piaceva il jazz, e anni fa siamo riusciti ad andare a sentire Petrucciani nel periodo in cui per lui rappresentava il massimo.

Il maestro Gon mi perdoni se rendo pubblica una cosa che mi ha detto a proposito di Giulio il 19 giugno 1998. “Giulio può diventare l'Horowitz della nostra epoca, il più grande pianista dei nostri tempi”. Una cosa così importante me la sono segnata, e speravo che Giulio finisse per incanalare le sue notevoli energie e risorse verso i progetti musicali indicati e guidati da Massimo Gon, che è stato un grande amico anche nei momenti difficili della malattia.

Nel corso degli anni il mio lavoro mi aveva dato occasione di recarmi all’estero, e avevo portato la famiglia con me in America, e poi in Francia prima a Parigi e poi in Normandia, vicino a Rouen, dove avevo preso in affitto una casa in una tenuta agricola dove abbondavano animali.

Un giorno un grazioso cagnolino sempre festoso di nome Otan entrando in casa ribalta il piattino col cibo del gatto, che lo attacca ferocemente. Sicuramente lo avrebbe ammazzato, il cane era rannicchiato sotto il muro e le zampate del gatto gli strappavano peli e brandelli di pelle.. Io sono riuscito a prendere la mira e a dare un calcio tale al gatto che è ruzzolato fuori. Abbiamo chiuso la porta e poi rianimato il cane che ci è rimasto affezionato. Per Giulio ero diventato un eroe.

Nel corso di quella trasferta in Normandia ci siamo inseriti nella bella festa del primo maggio della cittadina dove abitavamo. Lì abbiamo conosciuto il cantautore Yves Duteil che li ha presi in braccio, uno per volta, Giulio e Laura, e del quel abbiamo comprato con convinzione i long play e alcuni album dei suoi spartiti. Negli anni successivi Giulio se ne approprio di alcune di queste canzoni, oltre a quelle di Brassens.

Accompagnandosi al pianoforte a volte lo sentivamo “Le mur de la prison d'en face ” di Yves Duteil. Racconta dei detenuti in prigione, a Parigi, che sentono il rumore delle auto e il vociare allegro dei ragazzi che entrano nella scuola vicina e di quando escono. E di quando d'estate avvertono malinconicamente l'assenza di quel chiasso gioioso, finchè per fortuna riprende con la riapertura delle scuole.

Abbiamo fatto altri viaggi. Negli anni 90 siamo stati in Egitto, dove Giulio ha imparato a mercanteggiare nei mercati arabi e ha riportato a Trieste un tal numero di narghilè per far fumare tutti gli amici.

Siamo ritornati a Parigi più volte. Nel 95 avevamo scelto una casa in un piccolo paese a sud di Parigi per immergerci un po' nella vita francese di provincia, ma il richiamo di Parigi era tale che ci andavamo quasi tutti i giorni.
Un giorno a un certo punto del percorso Giulio mi dice: “Adesso guido io”, e comincia a darmi istruzioni. “Oggi andiamo su per la Porte d'Italie”. E poi “Alla prossima prendi a destra” e così via, finchè mi dice “Rallenta, accosta al marciapiede, a sinistra. Adesso guarda su, la tabella.” Leggo la tabella sul muro: “Rue d'Arago”. Ci aveva condotto fino ad affiancarci al muro della prigione della canzone.Ci siamo guardati e una profonda emozione ci ha accomunato, tutti e tre. Un mese dopo Giulio avrebbe compiuto 13 anni. Ogni volta che ci ripenso rivivo quell'esperienza.

Siamo stati in Canada, nella bella Montreal e a New York. Nel 2005 Giulio è venuto con me e mia moglie in Colombia, dove si è guadagnato la simpatia e l’affetto di tutti i familiari. Abbiamo visitato la costa caraibica, Cartagena, la sterminata Capitale Bogotà, abbiamo fatto delle escursioni quasi avventurose sulle Ande.
A una cena Giulio ha suonato il pianoforte estasiando tutti. Una nipote di Clara ci ha lasciato il cuore e ha molto sofferto per la tragica scomparsa di Giulio.

Una bella esperienza condivisa è stato il Festival della canzone triestina. Ho avuto la mia prima vittoria nel 96, con Martina Spadaro che ricorderà i meriti di Giulio. Aveva 14 anni, ci portava a Mossa nella palestra dove provavano il rock, e si metteva al pianoforte per provare la canzone, divertendoci anche col suo spirito. Un momento magico quella vittoria nel 96.

Elisabetta Olivo a sua volta ha avuto modo di apprezzarlo con la canzone musicata da lui, nel 2005, con la quale abbiamo vinto un altro Festival e anche il successivo referendum popolare. Grazie Martina e grazie Elisabetta, con le rispettive meravigliose famiglie.

Nel 2001 Giulio, libero dagli altri impegni scolastici (si era diplomato in informatica a Gorizia nel 2000, non avendo ancora compiuto 18 anni) si dedicava finalmente con grande passione al pianoforte. Nella primavera aveva fatto uno stage con Benedetto Lupo a Lecce.
Ma con il caldo dell’estate si è verificato il primo episodio psicotico, ed è stato l’inizio di molte sofferenze. Abbiamo lottato insieme tutti questi anni e molti progressi sono stati fatti, Giulio ha potuto lavorare come programmatore, veniva con me di mattina a Manzano, lavorava nell’impresa di informatica Satel con dei colleghi che lo hanno aiutato, anche tenendomi costantemente informato.

Qualche volta tornando di sera a Trieste mi raccontava di qualche lavoro di cui si era sentito soddisfatto; per esempio i cruscotti, degli applicativi inseriti nella gestione logistica dei magazzini. Il direttore tecnico in una testimonianza video ci fa sapere che i programmi di Giulio continuano a lavorare nelle procedure di gesstione logistica. Io gli mostravo, come mio confidente letterario, le mie storie in versi in dialetto che scrivevo durante questi viaggi e che poi ho pubblicato.
Grazie Franco Regeni, che non hai esitato anche ad accompagnarmi per recuperare Giulio allontanatosi in un momento di depressione, e grazie a Lucio, Giorgio, Cosimo, generosi compagni di lavoro. E grazie gli amici dell’ID Export: la comprensione e l’incoraggiamento di Maurizio Zilio, l’aiuto fraterno di Tullio, di Rita, Mauro, la sensibilità di Luciana, l’amichevole solidarietà di Marco, Fabrizio, Massimo Brumat.

Grazie anche ai cari colleghi e colleghe della Weissenfels che pur dopo tanto tempo hanno voluto esprimermi la loro vicinanza in questi giorni.
La mia famiglia! Quando Giulio andava da lei, zia Nella gli preparava i leggendari sette piatti, e intanto gli lavava e stirava la maglietta, a volte gli lavava i capelli e i piedi, gli cambiava le calze, gli teneva camicie e biancheria di ricambio, e gli parlava tanto col suo tono affettuoso. Zio Ito e zia Lucia, che tanto hanno tenuto Giulio con loro a Barcola, giornate intere, in quella lunga estate del 2001; oltre alle tante altre occasioni di aiuto.
E zio Rino che, come mi diceva Giulio, qualche volta era l’unico a riuscire a farlo alzare nei momenti di depressione acuta.
E grazie a Clara che tanto ha sacrificato e aiutato in questi anni. Giulio arrivava da zia Nella scampanellando, col ritmo di “mazza la vecchia”. Arrivando portava una ventata di gioventù esuberante. Come sappiamo bene io e Laura, a Gorizia arrivava scampanellando e cantando, pranzava, a volte faceva al piano un paio di canzoni di Jannacci o di Brassens, o insieme a lei, in duo, qualche frammento di operette americane; partiva cantando arie dal Rigoletto, che conosceva interamente a memoria libretto e musica.

I suoi amici in questi anni hanno mostrato sensibilità e affetto per Giulio venendo a casa mia, a parlare con me e mia moglie per rendersi utili. Accettavano i libri e opuscoli che procuravamo per loro, venivano da noi per parlare dei problemi di Giulio e ci mettevano al corrente di cosa succedeva:, specialmente Franco e i compagni di lavoro della Satel. Familiari e amici avevano costituito quella che il dottor Gargiulo (trasmissione tv domenicale “Elisir”) ha definito “una rete di protezione”.

Importanti e rapidissimi progressi abbiamo avuto con uno specialista italo canadese che ha uno studio a Genova, il professore Enzo D’Alessandro. Quando andavamo a Genova organizzavo una zingarata di due giorni, così diventava una gita. Albergo sulla Riviera oppure in una delle varie città che decidevamo di visitare. Cremona, Piacenza, Cortona, Alessandria per la quale Giulio aveva una curiosità particolare: è la città di Umberto Eco, il suo autore preferito. Giulio grande lettore, in questi ultimi anni mi citava spesso i filosofi greci che leggeva con grande interesse.

A volte faceva composizioni poetiche molto ingegnose, con metrica perfetta rime esterne incrociate a rime interne. A volte le faceva a memoria e poi a una stazione di servizio sull’autostrada la scriveva di getto, praticamente copiandola dalla sua memoria. Ha fatto curiosamente anche un programma per facilitare la ricerca di parole che fanno rima.

Con l’inglese era quasi al bilinguismo, in francese leggeva da anni giornalmente in internet “Le Monde”, il suo giornale preferito. Aveva una base di tedesco e negli ultimi mesi abbiamo notato che aveva spesso in tasca un libro tascabile di tedesco. Con lo spagnolo in Colombia se l’era cavata benino.

L’anno scorso, in primavera, io e Giulio abbiamo fatto alcune delle nostre zingarate, una di te giorni a Chioggia, Pelestrina, e poi Ravenna, dove eravamo stati anche l’anno prima, e Ferrara. E poi un’altra gita di tre giorni in Umbria: Perugia dove abbiamo scoperto i sotterranei, Assisi, la cascata delle Marmore. Momenti stupendi, stavamo bene insieme, c’era una grande intesa più o meno su tutto.
Tutti i sabati e le domeniche, e a spessissimo durante la settimana, Giulio mi chiamava per fare un giro specialmente a Barcola o Miramare, ma anche sulle rive e in cittavecchia a curiosare fra i libri degli antiquari. Passeggiata, un caffè, e poi a pranzo da me e Clara.
Non si è mai separato da me senza il bacio sulla guancia, anche nei periodi più difficili. Giulio è sempre stato un ragazzo indipendente, autonomo, sicuro. Ma la malattia ha introdotto un elemento di fragilità, e questo paradossalmente per me è stato un motivo di grande arricchimento, mi ha fatto esercitare un altro livello di paternità: condividendo la sua sofferenza per alleviarla, un impegno senza sosta per curare e migliorare il livello di benessere di mio figlio, una condizione continua di vigilanza e ricerca.

Momenti di sofferenza ci hanno fatto sentire vicini e solidali, ma molti successi ci hanno fatto gioire insieme, Giulio me ne rendeva sempre partecipe.
La premurosa dottoressa Battilana mi diceva che Giulio ha avuto una vita molto intensa. E’ vero.
Ma se tanta luce ha diffuso attorno a sè in pochi anni, molto ancora avrebbe dato, molte altre volte mi avrebbe chiamato per il caffè e la chiacchierata, molte altre volte avrebbe portato gioia annunciandosi con la sua scampanellata “mazza la vecchia” e avrebbe continuato a far volare le sua mani sulla tastiera del pianoforte. Ci diceva che aspirava a metter su famiglia. Io speravo che presto mi avrebbe portato dei nipotini.
E’ così ingiusto che sia stato stroncato nei suoi splendidi vent’anni, che la vita ci abbia privato di lui.
Quando Chopin stava ormai molto male l’amico Delacroix scriveva: “Quanti mascalzoni in giro mentre questa bella anima si spegne”.

il babbo di Giulio
(24 agosto 2007, giorno della presentazione di questo sito. Giulio avrebbe compiuto 25 anni)