====== Poesia ====== Giulio mostrava già negli anni dell’asilo, a Tarvisio, e della scuola elementare una naturale propensione a dare forma poetica a certe sue osservazioni e riflessioni. Due sorprendenti composizioni di quando aveva sei-sette anni erano intitolate La patata e La cipolla; purtroppo sono andate perdute. Da grande era orientato verso due tipi di composizione poetica., Uno di questi è l’apologo, che consente di far esprimere animali e oggetti e che si conclude in genere con una riflessione morale; in questi casi usava opportunamente il verso ottonario. L’altro tipo si può definire di ingegneria letteraria. E allora usava l’endecasillabo e si divertiva con ingegnose rime interne ed esterne, simmetriche e non, e con un uso smaliziato del vocabolario, a volte simulando lo stile e il tono dei poemi cavallereschi. \\ Non sono mancate anche poesie goliardiche, in dialetto, a volte diventate canzoni. Si spera di recuperarne qualcuna. \\ \\ **Nel giardino di Giorgio** (4 maggio 2006) Nel cortile ben curato\\ sotto casa di Giorgino \\ s'infioriva tutto il prato \\ per la gioia del bambino.\\ Ragni rettili e formiche, \\ c'era vita d' ogni sorta;\\ e ciascun a far fatiche\\ per mangiare e per far scorta.\\ Giorgio stava sul balcone \\ anche ore col sorriso\\ per gustarsi la visione \\ di quel verde paradiso. \\ Una sera: "leggi, leggi...",\\ sentì dir dai genitori:\\ "approvati quei parcheggi,\\ il giardin lo fanno fuori".\\ Giorgio quasi non credeva \\ all'annuncio sui giornali, \\ "la vedranno" si diceva, \\ "or ne informo gli animali". \\ Sbriciolando dei biscotti \\ con un fare triste e lento\\ raccontò ai passerotti \\ dei parcheggi di cemento. \\ Quella notte gran trambusto\\ tra le piante del giardino, \\ chi diceva "non è giusto"\\ o piangeva sul destino.\\ In quel clima di sconcerto\\ si facevan già i bagagli\\ ma soggiunse Ragno Berto \\ con idee di carte e sbagli... \\ Proclamato comandante \\ dopo qualche spiegazione \\ arruolò seduta stante\\ sei formiche ed un piccione. \\ Dopo aver lasciato il suolo\\ e scalato l'animale,\\ lo squadrone prese il volo \\ per l'Archivio Comunale.\\ Atterraron di soppiatto,\\ prima ancor che il gallo canti,\\ Ragno Berto, quatto quatto, \\ disse ai suoi d'andare avanti.\\ Il piccion rimase fuori \\ dando i suoi migiori auspici \\ mentre Berto ed i sei mori\\ penetravano gli uffici. \\ Molto facile per loro \\ fu trovare l'attestato, \\ rara invece come l'oro \\ una penna in buono stato.\\ Ma tra un timbro ed un reperto \\ vien trovata, con gran pena. \\ Le formiche e Ragno Berto \\ la portaron sulla schiena. \\ Fatta poi la correzione \\ ritenuta necessaria, \\ ritornaron dal piccione \\ che ben lesto prese l'aria. \\ La gazzetta quella sera \\ titolava come errore \\ la notizia non più vera \\ dei parcheggi in via del Fiore. \\ E felice fu Giorgino \\ nel sentir dell'avventura \\ e che un ragno sì piccino\\ non cedette per paura.\\ \\ \\ Lettura di Sergio Colini nel corso della serata “Omaggio a Giulio” del 31 agosto 2007. \\ %script:audio,nel-giardino.mp3% \\ \\ **PEPPE** (17.01.2002) In un piccolo teatrino\\ vive Peppe, un burattino, \\ \\ la sua vita è assai felice,\\ canti, danzi e Berenice, \\ \\ anche lei è burattina, \\ bella, giovane e piccina. \\ \\ Ogni sera, dopo cena\\ quanta gente e che gran pena \\ \\ per il povero Peppino: \\ guardar tutti e far l'inchino. \\ \\ Poi rivolto a Berenice: \\ "Vuoi sposarmi?" egli dice \\ \\ "Non so ancora mio birbante, \\ prova ad esser più galante..." \\ \\ "Ma suvvia firmiamo l'atto!" \\ "Ma ti manca proprio il tatto!" \\ \\ E tra un bacio e una risata \\ quella storia andava avanti,\\ v'era un orco ed una fata,\\ un anello di diamanti.\\ \\ Alla fine che fragore,\\ tutto il pubblico in fervore: \\ \\ applaudivan più di cento\\ e Peppino era contento.\\ \\ Ma sapeva che a momenti \\ (già batteva un poco i denti) \\ \\ si sarebbe ritrovato\\ in un buco, triste fato!,\\ \\ buio, umido e pauroso,\\ e anche essendo coraggioso \\ \\ lui passava ogni sera \\ tra le lacrime in preghiera. \\ \\ Dopo anni di terrore\\ fece infine un grande errore. \\ \\ Era già salito in scena \\ ancor scosso da gran pena\\ \\ e pensando: "Dio m'ascolta, \\ devo chiedergli una volta,\\ \\ di dormire qui sul palco!"\\ Alzò gli occhi un po' più in alto\\ \\ per pregare il il Padre Nostro, \\ quasi svenne: "Dio, un mostro! \\ \\ Cosa sono questi fili, \\ di chi son quegli occhi vili?!\\ \\ Berenice guarda in alto!" \\ Disse a lei facendo un salto.\\ \\ "Presto muoviti scappiamo! \\ Vieni meco che io t'amo!" \\ \\ Lei lo guarda e tutt'a un tratto: \\ "Ma ti manca proprio il tatto!" \\ \\ "Ma che dici mia amata, \\ che ti abbian già stregata? \\ \\ Oh, Dio santo! Marte! Giove! \\ c'è qualcuno che ci muove!" \\ \\ "Non so ancora mio birbante,\\ prova ad esser più galante..." \\ \\ Ma si abbassano le tende, \\ ecco un uomo già lo prende \\ \\ e lo butta in mezzo a un fuoco,\\ e sfruttando ancor quel poco \\ \\ che di tempo gli rimase \\ per pensare qualche frase \\ \\ Peppe pianse amaramente: \\ "Mai più dame, mai più gente,\\ \\ mai più risa, canti e danza, \\ or rimpiango l'ignoranza..."\\ \\ \\ Lettura di Sergio Colini nel corso della serata “Omaggio a Giulio” del 31 agosto 2007. \\ %script:audio,colini-daniel-peppe-44.mp3% \\ \\ **LO STRADIVARI** (25.04.2004) C'era un bravo violinista\\ Con un dolce Stradivari, \\ lo teneva sempre in vista \\ tanto questi eran cari.\\ In quell'anno avea a Trieste \\ Una serie di concerti, \\ eran sempre grandi feste \\ e gli applausi eran certi. \\ Alla prima gran serata \\ Il violino vide Bella, \\ una viola delicata \\ e s'innamorò di ella.\\ Poi per farla innamorare \\ il violin suonava al meglio, \\ non voleva mai steccare\\ e stava sempre attento e sveglio. \\ La serata lì vicino \\ quella viola piano piano \\ ripensava al bel violino\\ mentre lui suonava il brano.\\ Come un breve temporale \\ la stagione era alla fine: \\ già suonava in altre sale \\ assai lontano, oltre confine. \\ Non avendola più accanto \\ il violino disperava, \\ già perdeva il suo bel canto \\ ed a stento risuonava. \\ Il padrone sconcertato \\ Non sapeva cosa fare: \\ quel violin sì ricercato\\ non riusciva più a suonare.\\ Prese infin la decisione \\ di rinchiuderlo a Cremona \\ in museo tra le persone \\ e comprarne un che non stona. \\ Ma fu breve la durata \\ della sua prigionia: \\ fece una passeggiata \\ con dei ladri e fuggì via.\\ Fu rinchiuso in un tombino\\ per le strade di Milano \\ e a quel povero violino \\ nulla più pareva strano.\\ Ma guardandosi un po' intorno, \\ senza dire una parola, \\ tra un sassofono e un flicorno\\ vide lei: l'amata viola! \\ Ogni auto che passava \\ gli vibrava qualche corda, \\ il paradiso gli sembrava \\ e all'amor lei non fu sorda.\\ \\ \\ Lettura di Sergio Colini nel corso della serata “Omaggio a Giulio” del 31 agosto 2007. \\ %script:audio,stradivari.mp3% \\ \\ \\ Giulio si divertiva, come detto sopra, con giochi di ingegneria letteraria. A volte ne costruiva\\ uno mentalmente durante un viaggio sull’autostrada e durante una sosta lo scriveva di getto come se lo \\ leggesse. Nel caso di **"Nel volteggiar..."** l'aveva ripresa perchè, su suggerimento dell'amica Miona,\\ voleva inviarla ad un concorso, ma poi non l'ha fatto.\\ \\ **Nel volteggiar di fronde metto piede** (Iniziato 9.10.2005) Nel volteggiar di fr**onde** metto piede,\\ col sol che si conf**onde** e in mar s’allenta.\\ Trovar chi a me si sc**onde** e pur mi lede\\ propongomi e d**onde** non spaventa.\\ Al primo incerto p**asso** l’altro accorre,\\ e in presso, cauto, a un m**asso** poso il lume.\\ Tra rami vivi, l**asso** un rivo scorre\\ E lento lancio un s**asso**. Manco il fiume.\\ L’aurora fredda coglie di sorpresa\\ chi dubbi, teme e voglie non ha visto.\\ Ma fiume, vento, foglie e l’alma tesa,\\ mi furono da doglie in letto tristo.\\ Al placido torrente vado appresso,\\ per rinfrescar la mente e il corpo liso,\\ ma perfido serpente appar riflesso\\ ov’io spettavo lente del mio viso.\\ Di getto’l tronco arretro con il volto\\ e quel che sera addietro rivo posi\\ appare gorgo tetro e’l verme avvolto\\ compagni ad ogni metro avea merdosi.\\ Stordito ma pur franco m’allontano\\ traendo dal mio fianco una borraccia,\\ disseto’l ventre stanco, l’arma in mano,\\ ancor schifato e bianco e tetro in faccia.\\ Riparto. Una pista in mezzo al rovo\\ m’intaglio avendo in vista suol battuto,\\ ma in terra un’ametista lieto trovo,\\ presagio di conquista all’uomo astuto.\\ Ferendomi di spine fin all’ossa\\ ma fiero della fine gioia colta,\\ uscivo dalle brine in terra rossa,\\ scorgendo senza fine selva folta.\\ A scelta per istinto miro al sole,\\ da brezza fresca spinto m’incammino\\ col ciel di rosa intinto. Chi più vuole?\\ Già parmi alieno e finto pria’l mattino.\\ Voltandomi (di rado) l’ombra scema,\\ ma nulla muta in grado fuor di ghiaia;\\ pensando a bivio e dado non ho tema\\ sebbene, mio malgrado, niente appaia.\\ Incerto se le chiese battan sesta,\\ con povere pretese m’accovaccio.\\ “O dì delle sorprese! Cos’è questa?”\\ E in modo men cortese, “or che faccio?”\\ Parevami di pane d’aver scorta\\ Invece, ladro cane, scarso pasto\\ In sacco mi rimane; l’ombr’è corta;\\ mangio fin le grane, senza fasto.\\ Mai scelta più infelice feci in vita:\\ dir che mangiai non lice ma ben presto\\ m’apparve meretrice imbestialita\\ in nuvola beatrice e fu sai mesto.\\ Dacché lucette nere in gran splendore\\ Mutando in primavere colorate\\ Prendevan pel sedere il narratore\\ “E rido nel veder che m’asfissiate”.\\ Il senno torna lento in lunghe ore\\ Passate nel tormento d’una droga\\ Tra un lercio godimento ed un orrore\\ Appena a sera sento scemar foga.\\ Tremante dai capelli ai nervi tutti\\ M’avvolgo nelle pelli per la notte\\ Chissà che furon quelli sogni brutti,\\ e spero in sonni belli e pani a frotte.\\ Ma febbre m’avea colto e’l cuore urto.\\ Vegliavo in cruccio molto per la fame\\ Tenendomi da stolto per il furto,\\ pensando ad il maltolto e caste brame.\\ A notte ancora fonda scorgo un pero\\ M’accosto a bassa fronda e lento mangio\\ Col gusto che pria sonda’l cibo vero.\\ Calor vitale innonda e in lieto cangio.\\ Svegliato l’indomani da mia madre\\ dei sogni immani stavan punti oscuri\\ ché furon mai sì strani: ombre ladre?\\ Ne scrivo alcuni brani pei futuri.\\ Ma mentre scrivo, scosso, questi versi\\ Un palpitar di rosso poco dista,\\ la guardo un po’ commosso, gli occhi tersi;\\ da allora porto addosso un’ametista.\\ (Finito 30.12.2005) \\ \\ Lettura di Sergio Colini nel corso della serata “Omaggio a Giulio” del 31 agosto 2007. \\ %script:audio,nel-volteggiar.mp3% \\ \\ \\ Durante la vacanza in Colombia c'è stato un colpo di fulmine fra\\ **Giulio e la bellissima Silvia**.\\ Poco dopo il ritorno in Italia Giulio le inviava questa poesia,\\ tradotta "simultaneamente" nel suo spagnolo principiante, ma non troppo.\\ Avevamo l'intenzione di ritornare in Colombia a Natale 2006.\\ Io, papà di Giulio, favorivo quel rapporto che mi sembrava così promettente.\\ Purtroppo chi visita questo sito sa come e perchè le cose sono andate diversamente.\\ \\ |{{P1010012rit.jpg?350|}} |{{P1010014-w.jpg?350|}}| **Amore? 15.10.2005----------------------------------¿Amor? 15.10.2005**\\ \\ Amor che c’ardi, criticar ti voglio.-----------Amor que nos inflamas, te quiero criticar\\ Per qual tuo vezzo giovanil etade-------------Por cuál tu vicio joven edad\\ illumini di baci, lungi il soglio,----------------iluminas de besos, lejos el solio,\\ creando dalla nebbia rosee strade?------------¿creando de la niebla róseas calles?\\ \\ Qual gusto datti’l palpitar di carne,-----------Cuál gusto te da el palpitar de carne,\\ stornar da studi santi per costume-------------apartar de estudios santos por costumbre\\ fanciulli, per creature dolci farne,-------------muchachos, por criaturas dulces hacer de ellos,\\ donar a calma notte caldo lume?--------------¿donar a calma noche caliente lumbre?\\ \\ Apprezzo inver le folli passeggiate,-----------Aprecio a decir verdad ellos locos paseos\\ l’occhiate pregne più d’un libro sacro,--------los vistazos preñados más que un libro sagrado,\\ l’impavido desir di labbra amate,--------------el impávido deseo de labios queridos,\\ gl’istanti d’infinito pur consacro,--------------él instantes de infinito incluso consagro,\\ \\ non far ch’i oblii le perle di mia vita----------no hagas que yo olvido las perlas de mi vida\\ ma volgi il guardo a mete più mature,--------pero diriges la mirada a metas más maduras,\\ che’l giovane si serbi via compita-------------qué el joven se mantiene en calle arreglada\\ non perda tempo in sogni ed in paure.--------no gaste tiempo en sueños y en miedos.\\ \\ Concesso ti sia pure, a quarantenni,-----------Concedido incluso te hayas, a los cuarenta años,\\ di dar certezze e gioie condivise,--------------de dar certezas y alegrías compartidas,\\ comprendersi cogl’occhi e muti cenni,-------entenderse con los ojos y mudas señas,\\ s’un ombra mai turbasse l’alme intrise.------si un sombrea nunca turbara las almas junte.\\ \\ Regala lor affetto, unisci i cuori,--------------Regála a ellos cariño, unes los corazones,\\ così ch’ad ogni nuova, vinca scienza,--------así que a cada nueva, venza ciencia,\\ e viaggi e doni e voglie non sian fuori-------y viajes y regalos y ganas no sean fuera\\ da quei che per amor portan pazienza.-------de los que tienen paciencia por amor.\\ \\ D’anzianità non voglio dar giudizi,----------De ancianidad no quiero dar juicios,\\ ch’amando parmi di tornar piccino.----------qué queriendo me parece de volver pequeñito.\\ Amor, che tanto biasimo, mi vizi!------------¡Amor, que mucho reproche, me vicia!\\ L’ammetto nutri’l mondo d’oro fino.--------Lo admito nutres el mundo de oro fino.\\ \\